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RAPPORTO BES 2022

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Il primo Rapporto sul Benessere equo e sostenibile uscì nel 2013. Fu il risultato di una grande sfida, lanciata dall’Istat attraverso un processo inedito, all’avanguardia a livello internazionale, di costruzione di un sistema di indicatori di benessere oltre il PIL.

Oggi, le ragioni alla base di questo progetto si confermano tutte valide: il sistema di indicatori del benessere fornisce informazioni molto centrate per le politiche, su questioni tutte rilevanti per la vita dei cittadini. E quel grande impegno, pieno di passione e competenza, possiamo affermare abbia lasciato un segno nella storia del Paese. La consapevolezza che il PIL non possa essere l’unica misura dello sviluppo di un paese è antica quasi quanto il PIL e molti e autorevoli sono gli studiosi che nella seconda metà del secolo scorso si sono cimentati con la necessità di dotarsi di strumenti complementari.

Questa edizione del Rapporto è stata pensata per rendere evidenti al lettore le trasforma- zioni del Paese rispetto al 2019, l’ultimo anno prima della pandemia. L’accostamento degli indicatori restituisce in modo efficace i processi sociali, economici e culturali che hanno resistito agli sconvolgimenti, senza risentirne troppo profondamente, e che oggi sono caratterizzati da un segno decisamente positivo. Da questa comparazione emergono anche i processi che hanno subito battute d’arresto, ma poi sono ripresi, anche se con qualche cedimento. Infine, il raffronto mette in luce quegli ambiti che, già deboli e incerti prima del 2019, nel 2022 ancora non esprimono segni di ripresa significativi e restano indietro rispetto ai valori precedenti alla pandemia.

Una visione di insieme: gli squilibri di genere

Salute e Istruzione sono i domini per i quali si evidenzia una condizione delle donne diffusamente migliore di quella degli uomini. In particolare, per quanto riguarda Salute, ad eccezione della maggiore percentuale rispetto agli uomini di persone sedentarie, che non praticano cioè alcuna attività fisica (il tasso standardizzato per 100 persone è pari al 38,8%, rispetto al 33,7% tra gli uomini), le donne presentano stili di vita più salutari. È infatti più bassa la percentuale di donne in eccesso di peso (36,0% contro il 53,4% degli uomini), che fumano (16,3%; 24,2%), che hanno comportamenti a rischio nel consumo di alcool (9,6%; 21,8%), ed è più elevata la quota di quante hanno un’alimentazione adeguata, assumendo giornalmente almeno 4 porzioni di frutta e/o verdura (19,0%; 14,4%).

Tra le donne si registrano, oltre ad una maggiore speranza di vita alla nascita (84,8 anni; 4 anni e 6 mesi in più degli uomini), anche più bassi tassi di mortalità, sia nel primo anno di vita (2,3 per mille nate vive contro il 2,7 per mille dei bambini) e tra i giovani per incidentalità stradale (il tasso standardizzato per le ragazze di 15-34 anni è 0,2 per 10 mila abitanti contro l’1,0 dei coetanei), sia, più in generale, per cause evitabili (11,8 per 10 mila vs 21,9) e per tumore (7,5 per 10 mila vs 8,6).

Tuttavia, l’indice di salute mentale evidenzia che le donne sono più soggette a forme di disagio psicologico (con un punteggio medio standardizzato dell’indice di salute mentale pari a 67,0, contro 71,0 degli uomini), hanno una minore speranza di vita in buona salute (59 anni, due in meno degli uomini) e le anziane sono più frequentemente degli uomini affette da multi- cronicità e/o gravi limitazioni nello svolgimento delle attività quotidiane (54,7% contro il 40,9% degli uomini). Inoltre, più spesso degli uomini hanno rinunciato a prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno (l’8,0% delle donne contro il 5,9% degli uomini). Per questo indicatore, del dominio Qualità dei servizi, va tuttavia segnalata una riduzione del divario di genere dovuta ad un incremento delle rinunce, che pur riguardando sia le donne che gli uomini, è più elevato tra questi ultimi.

Salute

Per quanto riguarda gli stili di vita della popolazione, dopo un miglioramento generale osservato fino al 2019, a partire dal 2020 si evidenziano significative oscillazioni per quasi tutti gli indicatori e, nella maggior parte dei casi, nel confronto 2019 - 2022 emergono segnali di peggioramento. In particolare, l’indicatore di sedentarietà, che era migliorato nel 2020 e nel 2021 per la necessità di modificare le proprie abitudini con una maggiore diffusione nella popolazione a svolgere attività fisica destrutturata al di fuori di palestre e piscine, peggiora nel 2022, tornando a livelli ancora più critici rispetto al 2019.

In aumento la sedentarietà*, stabile l’eccesso di peso, si riduce il consumo di frutta e verdura

Nel 2022 è pari al 36,3% la quota di persone sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere né sport né attività fisica nel tempo libero (Figura 11). Le donne presentano livelli di sedentarietà più elevati rispetto agli uomini (38,8% contro 33,7%), anche se nel tempo il gap di genere è andato riducendosi (era pari a 7,8 punti percentuali nel 2010 e scende a 5,1 punti percentuali nel 2022). La sedentarietà aumenta al crescere dell’età: riguarda 2 persone su 10 tra gli adolescenti e i giovani fino a 24 anni fino ad interessare quasi 7 persone su 10 tra la popolazione di 75 anni e più. Nel 2022 l’indicatore di sedentarietà mostra un significativo peggioramento rispetto al 2021 quando era pari al 32,5% (+3,8 punti percentuali) e si riallinea, invece, ai livelli registrati nel biennio pre-pandemico 2018-2019 (nel 2018 la sedentarietà era pari al 35,7% e nel 2019 al 35,5%), superandoli di poco. L’aumento della sedentarietà osservato nel 2022 ha riguardato entrambi i sessi, ma in misura maggiore le donne (+4,2 punti percentuali contro +3,4 punti percentuali degli uomini) e si è concentrato prevalentemente tra gli adulti a partire dai 25 anni, con punte più elevate tra la popolazione di 45-64 anni dove gli aumenti sono stati di quasi il 20%. L’andamento registrato è prevalentemente dovuto alla riduzione nel 2022 della pratica di attività fisica (che passa dal 32,2% del 2021 al 29,2% del 2022) che aveva accompagnato le abitudini di buona parte della popolazione durante il biennio pandemico quando, la chiusura di palestre e centri sportivi a causa delle restrizioni imposte per il contenimento del virus, aveva limitato la possibilità della pratica di sport strutturato e incentivato, di contro, le attività fisicosportive destrutturate svolte anche all’aperto. Parallelamente a questo andamento, si osserva nel 2022 una ripresa della pratica sportiva, specialmente di tipo continuativo, che si era molto ridotta specialmente nel 2021 (quando era pari al 22,5%, con una riduzione di 1,9 punti percentuali rispetto al 2020) e che raggiunge il 23,7% riallineandosi così ai livelli del 2019 (23,4%). L’aumento è avvenuto specialmente tra i giovanissimi di 14-19 anni (passati dal 40,6% del 2021 al 49,2% del 2022) che, soprattutto nel 2021 avevano subito le riduzioni maggiori in termini di pratica sportiva e visto gli aumenti più elevati in termini di sedentarietà (dal 18,8 del 2019 al 20,6 del 2021).

Anche nel 2022 si conferma un forte gradiente territoriale Nord-Mezzogiorno con tassi di sedentarietà che si attestano al 26,1% nelle regioni del Nord e arrivano al 52,2% nelle regioni del Mezzogiorno. Rispetto al 2021, si osserva un significativo aumento nella quota delle persone sedentarie in modo trasversale su tutto il territorio, con livelli più elevati nelle regioni del Mezzogiorno (+5,2 punti percentuali) e nella macroarea del Centro (+4,3 punti percentuali), con il conseguente ulteriore ampliamento del gap territoriale a svantaggio del Mezzogiorno.

L’analisi dell’eccesso di peso mostra nel 2022 un valore pari al 44,5% tra le persone di 18 anni e più. Il dato è stabile rispetto a quanto registrato nel 2021 (44,4%) (Figura 11). Gli uomini presentano livelli di eccesso di peso superiori alle donne (53,4% contro il 36%). L’eccesso di peso risulta più elevato al crescere dell’età (già a partire dalla fascia di età 45-54 anni riguarda quasi 5 persone su 10) e nelle regioni del Mezzogiorno (49,7%).

Analizzando le due componenti di sovrappeso e obesità di cui è composto l’indicatore, si osserva nel 2022 una lieve riduzione della proporzione di persone in condizione di obesità che si riallinea in questo modo ai livelli pre-pandemia: era il 10,5% nel 2019, sale al 11,4% nel 2021 e si attesta al 10,8% nel 2022.

Rispetto al 2021, si osserva un aumento della quota di popolazione in eccesso di peso nelle regioni del Nord, specialmente nel Nord-ovest (dal 39,7% al 41,5%) e viceversa una riduzione nelle regioni dell’Italia centrale (da 42,7% a 41,2%); la situazione si mantiene pressoché stabile nel Mezzogiorno.

Sedentarietà ed eccesso di peso, considerati singolarmente o in associazione, riguardano nel 2022 più del 60% della popolazione adulta, con una quota di circa il 20% in cui si sovrappongono entrambi i fattori di rischio.

Si conferma il ruolo protettivo del titolo di studio, con una maggiore attenzione ai comportamenti più salutari tra le persone con titolo di studio più elevato. Si osserva, ad esempio, una quota maggiore di persone in eccesso di peso tra chi ha un titolo di studio basso (55,2%), rispetto a chi possiede la laurea o un titolo di studio superiore (33,9%). Analogamente, si osserva una quota maggiore di persone sedentarie tra chi ha un titolo di studio basso (51,9%), rispetto a chi possiede almeno la laurea (21,1%).

Sul versante degli stili alimentari più sani, nel 2022 è pari al 16,8% la quota di popolazione di 3 anni e più che ha consumato giornalmente almeno 4 porzioni di frutta e/o verdura. Tale quota risulta in diminuzione di circa 1 punto percentuale rispetto all’anno precedente (nel 2021 era pari al 17,6%), che si somma al punto percentuale di riduzione già registrato tra il 2020 e il 2021 e che porta il consumo di 4 o più porzioni frutta e/o verdura su livelli significativamente più bassi rispetto a quanto registrato nel periodo 2015-2018, quando tale indicatore raggiungeva quasi il 20% (Figura 11).

Quote più elevate di consumatori di almeno 4 porzioni di frutta e/o verdura giornaliere si osservano nelle regioni del Centro (20%) e del Nord (18,8%), rispetto al Mezzogiorno (12,1%). Tra il 2021 e il 2022, mentre nelle regioni dell’Italia centrale si osserva un aumento di circa un punto percentuale nella quota di consumatori giornalieri di 4 o più porzioni di frutta e/o verdura, viceversa al Nord e nel Mezzogiorno la quota di consumatori diminuisce (rispettivamente -1,2 punti percentuali al Nord e -1,4 nel Mezzogiorno).

Tra le donne si confermano consumi alimentari più salutari rispetto agli uomini (19,0% contro 14,4%), sebbene sia nel 2021 che nel 2022 entrambi i generi abbiamo subito riduzioni significative nelle percentuali di consumo di frutta e verdura (donne=- 2,2; uomini=-1,6).

* ISTAT definisce sedentaria quella proporzione standardizzata di persone di 14 anni e più che non praticano alcuna attività fisica sul totale delle persone di 14 anni e più. L’indicatore si riferisce alle persone che non praticano sport né continuamente né saltuariamente nel tempo libero e che non svolgono alcun tipo di attività fisica nel tempo libero (come passeggiate di almeno 2 km, nuotare, andare in bicicletta, ecc.).

In lieve aumento le istituzioni non profit, più diffuse nel Centro-nord

Nel 2020, le istituzioni non profit attive in Italia sono 363.499 (pari a 61,2 ogni 10 mila abitanti) e, complessivamente, impiegano 870.183 dipendenti. Tra il 2019 e il 2020 le istituzioni non profit sono cresciute dello 0,2%, meno di quanto rilevato tra il 2018 e il 2019 (+0,9%) mentre l’incremento dei dipendenti si mantiene intorno all’1,0% in entrambi gli anni.

Le istituzioni non profit, nonostante dal 2018 siano cresciute di più nel Mezzogiorno, presentano una distribuzione territoriale maggiormente concentrata nelle regioni del Centronord: oltre il 50%, infatti, è attivo nel Nord, il 22,2% nel Centro, il 18,2% e il 9,4% rispettivamente nel Sud e nelle Isole.

La distribuzione territoriale è ancora più concentrata se si considerano i dipendenti, con il 57,2% impiegato nelle istituzioni non profit del Nord.

La quota di istituzioni ogni 10 mila abitanti mostra differenze territoriali consistenti: se nel Centro-Nord l’indicatore assume valori superiori a 63 istituzioni, con punte massime nella provincia autonoma di Trento (119,7) e in Valle d’Aosta (115,0), nel Mezzogiorno si attesta a 50,0 ogni 10 mila abitanti, con il valore più basso in Campania (39,6) e Sicilia (47,0) (Figura 14).

Rispetto alla classificazione per attività economica, si osserva che il settore dello sport raccoglie il 32,9% delle istituzioni non profit, seguito dai settori delle attività culturali e artistiche (15,9%), delle attività ricreative e di socializzazione (14,3%), dell’assistenza sociale e protezione civile (9,9%), delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (6,8%) e della religione (4,7%).

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