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Report mondiale sull'industria degli articoli sportivi 2023

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Dalla collaborazione tra la società di consulenza McKinsey & Company e la World Federation of Sporting Goods Industry (WFSGI) nasce il terzo rapporto annuale sul settore degli articoli sportivi dal titolo “Articoli sportivi 2023 - La necessità di resilienza alle sfide globali”. Nonostante nel 2021 il settore abbia registrato una performance positiva, nel 2022 vi sono stati numerosi elementi di disordine quali: la minaccia di recessione globale, la guerra in Ucraina, le continue sfide della catena di approvvigionamento e il rapido aumento dei tassi di interesse. 

La terza edizione di questo rapporto illustra le aree in cui le aziende di articoli sportivi hanno ottenuto risultati migliori e le sfide che hanno affrontato negli ultimi 12 mesi, con approfondimenti sui maggiori mercati globali: Stati Uniti e Cina.

Guardando al 2023, l’aumento dei costi, l’incombente minaccia della recessione e le continue sfide produttive sono destinate a creare ostacoli pertanto, in risposta, le aziende dovranno andare oltre l’aumento dei prezzi per incrementare la produttività, gestire la liquidità in modo più rigoroso e trovare il giusto equilibrio tra risparmio e investimento.

Il rapporto evidenzia inoltre come, a livello globale, ci troviamo ancora di fronte a rischi significativi per la salute legati ai livelli elevati di sedentarietà: l’81% degli adolescenti e il 27,5% degli adulti non soddisfano attualmente le raccomandazioni dell’OMS. Nel 2018, l’OMS ha pubblicato il Piano d’Azione Globale sull’Attività Fisica (GAPPA), che ha fornito le raccomandazioni a tutti i Paesi per aumentare i livelli di attività fisica del 10% entro il 2025 e del 15% entro il 2030. 

Con un’inflazione che nel 2022 raggiungerà il livello più alto in Europa e negli Stati Uniti negli ultimi 40 anni, solo il 6% delle aziende produttrici di articoli sportivi è fiducioso sulla propria capacità di ripresa. Nel frattempo, la fiducia dei consumatori è alquanto calata e, con l’aumento dell’inflazione, una quota maggiore della spesa delle famiglie sarà destinata alle spese obbligatorie, riducendo il reddito disponibile dei consumatori (v. figura a seguire). È quindi probabile che l’acquisto di articoli sportivi, che è già diminuito costantemente nel corso del 2022, si riduca ulteriormente nel prossimo futuro. Più del 50% dei consumatori dichiara infatti che acquisterà meno articoli, mentre circa il 20% dichiara di voler passare a marchi meno costosi.

TENDENZE PER IL SETTORE DEGLI ARTICOLI SPORTIVI PER IL 2023

1- CREARE UN MARCHIO VINCENTE

Per i consumatori, la fedeltà al marchio è spesso legata alla fiducia, che è strettamente associata alla propensione all’acquisto. Il 55% dei consumatori globali sostiene infatti che la fiducia sia un fattore decisivo nell’acquisto.

Inoltre, la pandemia ha reso i consumatori più dipendenti dal digitale e dai social media, pertanto – oggi più di prima – l’influenza di un marchio passa soprattutto da questi canali. La ricerca McKinsey sui consumatori evidenzia che la Gen Z e i Millennial sono influenzate dai social media fino al 20% in più rispetto alla popolazione generale.

Secondo il report, se è vero che i consumatori riducono la spesa, è vero anche che restano fedeli ai marchi che hanno scelto, con un distinguo tra chi acquista articoli per il tempo libero e chi per le prestazioni sportive: nel primo caso prevale l’affezione al marchio, mentre l’utenza che sceglie abbigliamento e prodotti per le prestazioni sportive è maggiormente orientata sulle caratteristiche tecniche dei prodotti, che non sulla marca.

2- RENDERE LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE REALE

L’economia circolare deve diventare un modello di massa: il riciclo, la ristrutturazione, la riparazione, la rivendita e il noleggio sono il futuro. Le aziende di articoli sportivi devono fare i conti con la sostenibilità, come gli altri settori, ad esempio, il noleggio degli sci permette di riutilizzare uno sci da 30 a 40 volte nel corso della stagione. 

In Europa, il 60- 70% delle vendite di sci è destinato al noleggio. C'è la possibilità di sostituire le vendite con i ricavi del noleggio.

Quasi il 45% delle aziende produttrici di articoli sportivi ha inoltre annunciato obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra. Infatti, il maggior contributo dell’industria alle emissioni di CO2 deriva dalle materie prime, seguite dall’uso e dallo smaltimento e dalla produzione (v. figura a seguire). 

La scarsità di materie prime “green” rappresenterà una sfida per le aziende che devono considerare con urgenza le potenziali implicazioni per la produzione e la qualità dei prodotti. Questo aspetto è particolarmente rilevante quando si tratta di abbigliamento sportivo, che spesso richiede capi tecnici progettati per resistere a condizioni difficili, quale ad esempio l’elastam, che viene prodotto da combustibili fossili attraverso un processo altamente sintetico.

Secondo l’analisi di McKinsey, il mercato europeo dei prodotti “circolari” per lo sport dovrebbe crescere del 20-25% all’anno, raggiungendo i 30-50 miliardi di euro entro il 2030. I fattori chiave saranno l’abbigliamento e le calzature. Nella categoria delle attrezzature sportive, la crescita maggiore si registrerà nei segmenti del ricondizionato, del rivenduto e del noleggio, piuttosto che in quello del riciclaggio.

3- DELOCALIZZAZIONE PIÙ VICINA O "NEARSHORING" 

In un’epoca di sconvolgimenti della catena di approvvigionamento, sempre più aziende si rivolgono al nearshoring come elemento centrale delle proprie strategie di catena di approvvigionamento delle materie prime. Le aziende intervistate prevedono di espandere il nearshoring entro il 2025, dato che le persistenti interruzioni della catena di approvvigionamento, le condizioni geopolitiche e l’aumento del costo del lavoro in Asia stanno spingendo molte aziende di articoli sportivi a considerare la possibilità di spostare la produzione più vicino a casa.

L’evidenza di un aumento della produzione “in casa” si ritrova anche nei dati sulla produzione di calzature nella regione euromediterranea, secondo cui l’Italia – come si vede dalla figura a seguire – è seconda dopo la Turchia nell’esportazione dei prodotti calzaturieri.

Modificare i propri modelli produttivi attraverso il nearshoring ha naturalmente un impatto sui costi: stando al rapporto di McKinsey può, ad esempio, aumentare i costi fino a 20% per una t-shirt, a causa della manodopera e dell’energia ma ridurre i tempi di consegna fino a 20 giorni (v. figura a seguire).

4- INVESTIMENTI NEL SETTORE 

Il successo dei marchi di articoli sportivi grazie al boom dell’athleisure ha attirato un’ondata di investimenti privati, che sono stati ripagati da aumento del 20,3% del rendimento totale tra il 2019 e il 2021, rispetto al 4,5% degli operatori tradizionali del settore dell’abbigliamento. In particolare, la categoria di investimento più attiva tra il 2016 e il 2021 è stata quella degli articoli per l’outdoor (v. figura a seguire). 

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