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Rapporto OCSE 2025: la promozione dell'invecchiamento in buona salute

Anno di pubblicazione: 

2025

Autore: 

OCSE

Tematiche: 

Impatto economico Salute e prevenzione Spesa pubblica Stili di vita Invecchiamento attivo

Il mondo invecchia. Anche l’Italia, tra i Paesi più longevi dell’area OCSE, deve affrontare la sfida di una popolazione sempre più anziana, spesso non in buona salute. Il nuovo rapporto The Economic Benefit of Promoting Healthy Ageing and Community Care, pubblicato dall’OCSE, mette in evidenza un punto cruciale: vivere più a lungo non significa automaticamente vivere meglio.

Dal 2012 al 2023, l’aspettativa di vita a 60 anni è aumentata in media di un solo anno nei Paesi OCSE, ma non sempre in forma; infatti, il divario tra aspettativa di vita e aspettativa di una vita in buona salute è cresciuto da 5,2 a 5,7 anni.

In Italia, dove la longevità è tra le più alte del mondo, gli anni aggiuntivi sono spesso segnati da disabilità e malattie croniche.

L’invecchiamento della popolazione è rapido:

  • gli over 65 rappresentano oggi quasi il 25% della popolazione, e saranno un terzo entro il 2050;
  • entro il 2060 ci saranno oltre 50 persone di 65+ anni ogni 100 in età lavorativa nei Paesi OCSE;
  • il 25% trascorre gli anni finali di vita in condizioni di disabilità; solo il 45% degli over 65 valuta le proprie condizioni di salute buone;
  • crescono le malattie croniche: 50% dei 65-74enni ha almeno due patologie croniche (l’Italia è tra i Paesi con livelli bassi di attività fisica, meno del 10% rispetta le linee guida OMS);
  • spesa sanitaria: prevista all’ 8,6% del PIL entro il 2040; la spesa per LTC (long-term care) raddoppierà entro il 2050.

In Italia, promuovere l’invecchiamento attivo è fondamentale per garantire la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Non investire in prevenzione significa dover affrontare costi crescenti per ricoveri e assistenza residenziale, interventi solitamente più complessi e dispendiosi.

Il messaggio dell’OCSE è chiaro: promuovere l’invecchiamento in salute non è un costo, è un investimento. Ogni euro speso in prevenzione produce ritorni sociali, economici e sanitari. L’Italia ha l’occasione di costruire un nuovo equilibrio tra ospedale e territorio, tra cura e autonomia, tra salute e qualità della vita.

RAPPORTO OCSE 2025: UNA POPOLAZIONE PIÙ LONGEVA MA MENO ATTIVA

L’OCSE individua nello stile di vita sedentario uno dei principali fattori di rischio. L’attività fisica regolare riduce fino al 38% l’incidenza delle cadute negli over 65 e contribuisce a mantenere memoria, equilibrio e autonomia. Eppure, solo il 26% sopra i 65 anni rispetta le raccomandazioni dell’OMS di almeno 150 minuti di attività moderata a settimana.

In otto Paesi, tra cui Italia, Grecia e Portogallo, la quota scende addirittura sotto il 10%. In Nord Europa, invece, come in Svezia, Norvegia e Svizzera, arriva al 50%. Questa differenza spiega parte del divario tra chi invecchia in salute e chi invece accumula malattie croniche e disabilità.

PREVENZIONE E ASSISTENZA DOMICILIARE: UN INVESTIMENTO INTELLIGENTE

Il rapporto Ocse mostra dati chiari: un incremento del 10% nella spesa per la prevenzione riduce dello 0,9% la prevalenza di malattie croniche in cinque anni.  

A questo si aggiunge la fragilità del sistema di assistenza domiciliare. In oltre il 40% dei Paesi OCSE, Italia compresa, le ore di supporto sono limitate e molte attività quotidiane – come fare la spesa o andare a una visita – non rientrano nei servizi pubblici. Di conseguenza, le famiglie devono coprire i costi con risorse proprie o rinunciare del tutto all’assistenza.

Destinare più risorse all’assistenza domiciliare – anziché in struttura – è economicamente vantaggioso: un aumento del 10% nella quota di spesa destinata alla cura a domicilio può ridurre del 4,9% la spesa complessiva per l’assistenza a lungo termine. Ogni euro investito in prevenzione, sottolinea il rapporto, produce un risparmio sostenibile nel medio periodo.  

Il nostro Paese non parte da zero. Alcune Regioni hanno sviluppato reti di assistenza domiciliare integrate, con medici di comunità, infermieri di famiglia e servizi sociali collegati. Tuttavia, manca una visione nazionale coordinata.

Le differenze territoriali restano forti: chi vive in città ha più possibilità di accedere a cure domiciliari rispetto a chi abita in zone rurali o interne.

CASE INADATTE E SERVIZI INSUFFICIENTI: LE BARRIERE DA SUPERARE

L’analisi OCSE mette in luce anche un problema strutturale dato che le abitazioni non sono pensate per l’invecchiamento. Questa carenza si traduce in isolamento, maggior rischio di cadute domestiche e difficoltà di accesso ai servizi:

  • Solo il 20% delle abitazioni è adattato alle esigenze degli anziani; in Italia la percentuale è tra le più basse in Europa, inoltre esistono bonus edilizi ma non specifici per l’invecchiamento;
  • Trasporti accessibili: 16 Paesi OCSE li garantiscono; in Italia persistono criticità soprattutto fuori dai centri urbani.
  • I servizi domiciliari garantiscono una copertura formale di circa il 30%, ma in 16 Paesi i costi a carico delle famiglie superano il 50% del reddito mediano.
  • I centri diurni (day care) sono utilizzati da meno dell’1% degli over 65; in Giappone sono previsti screening sanitari obbligatori, mentre in Italia l’offerta è ancora limitata e frammentata.
  • Le soluzioni di co-housing e i modelli intergenerazionali sono presenti in un terzo dei Paesi OCSE, mentre in Italia restano iniziative sperimentali e non strutturate.

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